Il ritiro di Toyota e BMW dalla Formula 1 è stato uno dei segnali più evidenti che ha messo in luce il bisogno di abbassare la spesa elevata dei costi, da sempre caratteristica di questo sport. FIA e FOTA hanno promesso un ritorno, in termini economici, pari a quello degli anni 90, ma gli stipendi ed in particolare quello dei protagonisti e quindi dei piloti, hanno subito un reale taglio o sono rimasti invariati? Ecco i risultati della breve indagine condotta dal britannico James Allen.
Quasi tutti i team ingaggiano i propri piloti allo stesso modo. Lo stipendio è diviso in una parte fissa, quasi sempre un 70%, e da una parte bonus costituita dal restante 30%. Appunto quest’ultima parte dipende dalle vittorie, dai podi e dal risultato in classifica che ogni singolo pilota ottiene.
Alla Red Bull hanno le braccia corte, in quanto la parte fissa è pari al 40%, mentre il bonus è pari al rimanente 60%, condizione che sicuramente incentiva i propri piloti a vincere di più. Quest’anno la parte fissa dei piloti Vettel e Webber ammonta a circa 3,5 milioni €, somma che aumenterà conseguentemente all’ottimo progresso della squadra.
Il desiderio di abbassare il prezzo degli stipendi dei piloti c’è stato, soprattutto nel 2009, ma per il momento la vera riduzione ottenuta dai team è nella lunghezza dei contratti stipulati con i propri piloti. Chi ne è uscito vincitore da tutto questo è stato Lewis Hamilton, che seguito fin dalla giovane età da Ron Dennis, proprio nel 2007, anno di debutto, firmò un contratto quinquennale con il suo team del valore di 50 milioni di €, senza contare che Lewis ha dei contratti pubblicitari che gli fanno intascare circa 3 milioni di € all’anno.