La lotta alla C02, alle polveri sottili e a quant’altro di nefasto venga prodotto dal traffico automobilistico non passa solo per la costosa auto elettrica, ma anche e soprattutto per la riduzione del peso. Venti anni fa iniziò la corsa alla sicurezza passiva con dispositivi che hanno salvato milioni di vite; airbag, abs ma soprattutto scocche più resistenti e inevitabilmente più pesanti. Se una Fiat Uno del 1990 pesava all’incirca 750 chili, una Grande Punto del 2011 arriva a superare la tonnellata. Ma l’ingrasso a cui sono sottoposte le vetture moderne non è imputabile soltanto alle sacrosante esigenze di sicurezza passiva. Anche le soluzioni ecologiche più diffusamente adottate gravano con tutto il loro peso sulle nostre autovetture, aumentando di conseguenza i grammi di anidride carbonica prodotta per chilometro. Il pacco batterie della Toyota Prius pesa 40 chili che salgono a 160 nella versione “plug-in”; un comune impianto gpl pesa almeno 60 chili sommando tutte le sue componenti, che possono raddoppiare nel caso di un impianto a metano.
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Cina, i costruttori vogliono ridurre il peso delle automobili
Se non v’hanno fatto paura fino ad oggi, temo sia il tempo di riconsiderare la forza dei solerti costruttori automobilistici cinesi. Parlo a voi, fabbricanti europei, colossi teutonici, pianificatori del dominio del comparto: dovete tenere in grande considerazione, sempre più, la potenza di imprese che stanno tentando di fagocitare il mercato, che, sino ad oggi, è sempre stato spartito tra Vecchio e Nuovo Continente. La più recente evoluzione del Paese della Grande Muraglia, in campo automobilistico, è una particolare liaison, stretta tra alcuni importanti nomi dell’industria, che mirerebbe ad investire denaro e lavorare alacremente sul peso delle automobili lì prodotte. Mi spiego…
I problemi di peso fanno riflettere Di Meglio
Per un qualsiasi pilota riuscire ad entrare nel paddock del motomondiale è già un risultato