L’Unrae, ovvero l’unione nazionale rappresentati autoveicoli esteri, ha diffuso le prime statistiche che riguarda la vendita di auto sul mercato italiano durante il mese di aprile, da poco terminato.
Scendendo un po’ più nello specifico, possiamo notare come le immatricolazioni hanno raggiunto la risicata soglia di 116209 vetture: si tratta del 10,83% in meno in confronto al medesimo mese di aprile, ma di un anno fa. Continua ad avvolgere il mercato italiano delle quattro ruote, la situazioni di crisi che si è riversata sopratutto sui consumi delle famiglie.
AL COMANDO SEMPRE FIAT
Dando un’occhiata alle prestazioni che sono state ottenute sul mercato auto dalle varie case automobilistiche in Italia, troviamo al primo posto in classifica il marchio del Lingotto con 35140 auto vendute (in ribasso del 14% in confronto al mese di aprile del 2012), mentre al secondo posto c’è il gruppo Volkswagen, che ha raggiunto quota 15611 immatricolazioni, anche grazie agli ottimi risultati che sono stati ottenuti dalla settima generazione dello storico modello Golf.
Sul gradino più basso del podio, invece, troviamo Ford, che nello scorso mese di aprile è riuscita ad incrementare la propria quota di mercato per una percentuale pari al 10,5% in confronto ad aprile 2012; dati in crescita anche per Toyota, che ha registrato una quota di immatricolazioni pari a 5000 esemplari.
BERNACCHI METTE IN ALLARME IL MERCATO AUTO
Proprio in riferimento alle statistiche ed ai dati che sono stati diffusi dall’Unrae, il presidente di Federauto, Filippo Pavan Bernacchi, ha rilasciato alcune interessanti dichiarazioni, in cui ha voluto mettere in evidenza come, per l’ennesima volta, anche ad aprile il mercato italiano ha chiuso in negativo.
Si tratta di un dato che, però, deve far riflettere e che non rispecchia appieno, nonostante tutto, la drammatica spirale in cui è caduta l’Italia. Infatti, nel caso in cui questa tendenza negativa del mercato italiano venisse confermata, il 2013 potrebbe finire a circa 1.100.000 unità vendute, circa 900 mila esemplari in meno in confronto alla quota minima di sopravvivenza della filiera di produzione.