Conto alla rovescia, si va in Bahrain, ma quali interessi sono stati rispettati? Sicuramente non quelli di chi manifesta per le strade del paese arabo, rischiando la propria vita per ottenere più democrazia.
Bernie Ecclestone è stato intervistato e continua ad ignorare i fatti di cui tutti parlano. Secondo l’imprenditore britannico in Bahrain è tutto tranquillo, mentre i Gruppi per i diritti umani come Human Rights Watch (HRW) e Amnesty International hanno ribadito che dallo scorso anno è cambiato davvero poco. In tutto questo Jean Todt è assente, non mette voce in capitolo. Il Presidente della FIA ha assunto un ruolo poco rilevante e sembra essere sottomesso a gli interessi del patron della Formula 1.
ECCLESTONE HA VINTO – Ci riesce sempre. Troppo potente, troppo astuto, ma soprattutto riesce a dividere le opposizioni. Ecclestone sa che le squadre non possono decidere, perché vincolate dai loro sponsor arabi o addirittura come nel caso di McLaren dagli stessi azionisti del Bahrain e così fa finta di niente e si permette di assumere indifferenza davanti ai numerosi atti di violenza tra oppositori pro-democrazia e le forze dell’ordine. Durante il Gran Premio della Cina i giornalisti si sono permessi di chiedergli un parere sulle proteste e sparatorie in Bahrain che hanno causato per un 15enne il ricovero in terapia intensiva, ma lui ha risposto:
Quali proteste? Nessuno è stato colpito, di cosa stai parlando?
Nel frattempo è stata fatto un’indagine tra il personale che lavora nei paddock. Team principal, segreterie, addetti alla ristorazione nei motorhome, addetti alle pubbliche relazioni, praticamente tutti. Tra questi non è ancora stato trovato chi è sicuro di voler andare in Bahrain.
DELUSIONE JEAN TODT- Si è dovuto aspettare la domenica prima di poter sentire dalla bocca del Presidente della FIA la parola Bahrain. Il francese ancora una volta fallisce nel suo ruolo di leader della Federazione, dimostrandosi poco rilevante e con un peso minore rispetto a quello di Ecclestone. Riguardo al Gran Premio ha rilasciato le seguenti dichiarazioni
Il Bahrain ha una data sul calendario ed è stata sempre rispettata. C’è stata qualche polemica al riguardo, ma la FIA è un’organizzazione sportiva e noi siamo solo interessati allo sport , non la politica. La nostra responsabilità è che la gente può andare lì e avere buone condizioni e sicurezza. Abbiamo parlato a questo proposito con i rappresentanti del governo, con le ambasciate e con i paesi vicini, nonché con i ministeri degli esteri europei. Abbiamo fatto un esame di estensione con un sacco di controlli. E’ chiaro che il Gran Premio può andare avanti. Ci sono pure spiacevoli aspetti politici, ma è la stessa cosa in tutto il mondo. D’altra parte, siamo uno sport. Siamo fiduciosi che il prossimo Gran Premio andrà avanti con altrettanto successo come questo qui in Cina
AUMENTANO LE PROTESTE – I protestanti ovviamente non si fermeranno e utilizzeranno l’evento per far vedere al mondo intero il malcontento che la famiglia governante Al Khalifa ha creato. Il più grande partito di opposizione sciita, Al-Wefaq, ha annunciato l’iniziativa di intensificare le proteste pacifiche in vista del Gran Premio, diversamente da coloro che appartengono al Gruppo dei giovani rivoluzionari del 14 febbraio, che hanno annunciato i ‘ 3 giorni di rabbia’ coincidenti proprio con quelli della Formula Uno.
Inutile gli allarmi lanciati dai gruppi che lavorano per il sostegno dei diritti umani. Il Human Rights Watch (HRW) ha lasciato una dichiarazione dicendo
La gara in Bahrain dà l’opportunità ai governanti di oscurare la gravità della situazione dei diritti umani nel paese
Amnesty International ha scritto
La comunità internazionale non deve chiudere un occhio per l’attuale crisi dei diritti umani nel paese arabo, il governo deve capire che le sue tiepide misure non sono sufficienti . Il progresso continuo su una vera riforma dei diritti umani rimane essenziale
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