Lo scontro per la probabile chiusura dello stabilimento Fiat di Termini Imerese si fa acceso. Sergio Marchionne, amministratore delegato del Lingotto, infatti, non le manda a dire e risponde in maniera secca alle affermazioni del ministro Claudio Scajola il quale, qualche giorno fa, aveva bollato come una “follia” l’eventualità che l’azienda fermasse la produzione nella località siciliana.
Per l’esattezza, le parole del ministro sono state ben più articolate:
“Sarebbe folle far morire un polo industriale come questo, su cui nel tempo sono stati fatti investimenti importanti e dove tutti mi dicono che la qualità del lavoro è molto buona”.
Pronta la replica di Sergio Marchionne:
“Per esperienza mia personale, prima di usare un linguaggio pesante come follia uno dovrebbe capire i dati. Se uno poi li capisce magari tira conclusioni diverse”.
Le parole dell‘A.D. Fiat arrivano a corollario dell’udienza del processo sull’equity swap Ifil-Exor, e riprendono il piano della società torinese di ristrutturare l’azienda proprio a partire dalla chiusura degli impianti di Termini Imerese (ipotesi a tal punto avanzata che la nuova Lancia Y dovrebbe essere realizzata in Polonia). La prima forte opposizione a tale volontà arriva dai sindacati; il segretario generale della Fiom Gianni Rinaldini è tra i primi a ricordare che vi sono contratti precedentemente assunti:
“Se lo scordano di chiudere Termini Imerese, la Fiat ha firmato un accordo per produrre qui la nuova Y”.
Marchionne ribadisce:
“Siamo pronti a discutere con il governo. Ma non si può pensare di difendere tutto e di tenere tutti gli stabilimenti aperti. Aspettiamo il primo dicembre (giorno dell’incontro con Scajola, ndr) e anche il 21 (incontro con i sindacati). Per ora mi fermo dicendo che abbiamo in Italia sei stabilimenti e produciamo l’equivalente di quello che si realizza in una sola fabbrica in Brasile. Questo è fuori da ogni logica industriale, riflette una realtà che non c’è più”.