La casa automobilistica emiliana Ferrari torna ad avere soltanto proprietari italiani: il Gruppo Fiat, che prima d’oggi possedeva la maggioranza (pari all’85% del totale), è venuta in possesso di un’ulteriore fetta, pari al 5% del totale, che ha acquistato da un fondo d’investimento di Abu Dhabi (che si chiama Mubadala). Il restante 10% (se avete fatto qualche calcolo, avrete senza dubbio notato che il Gruppo Fiat di Sergio Marchionne non possiede il totale della casa automobilistica di Maranello) appartiene a Piero Ferrari, diretto discendente (è il figlio) di Enzo Ferrari, che fondò il brand del Cavallino Rampante nel 1947.
L’operazione non è avvenuta in queste ore: a svelarlo è stato il quotidiano Il Sole 24 Ore, che ha riportato la notizia dell’avvenuta cessione di 400.000 azioni, per un valore complessivo pari a 122,4 milioni di euro, che passeranno dalle casse del Gruppo Fiat a quelle del fondo d’investimento arabo di cui si faceva menzione alcune righe fa. Stando a quanto afferma la testata italiana, l’operazione finanziaria sarebbe avvenuta all’inizio del mese di marzo (il giorno 3, più precisamente) e sarebbe il frutto di un’analisi meticolosa. Per ora, il management del Gruppo Fiat e quello della casa automobilistica Ferrari non hanno rilasciato conferme ufficiali, così che non possiamo, oggi, spiegare e capire la motivazione di questa scelta da parte del Lingotto (in special modo dopo che, alcuni mesi fa, un’indiscrezione aveva assicurato che il Gruppo Fiat stesse preparando la cessione di parte della proprie quote del brand di Maranello).
Ora che il Gruppo Fiat ha allontanato il partner arabo, la possibilità che Ferrari diventi una Società per Azioni, terribile per Montezemolo e forse piacevole per Marchionne, è molto più concreta: portare Ferrari a Piazza Affari potrebbe essere una mossa lucrativa per le casse della società di Torino, che potrebbe tramutare in denaro sonante il valore del Cavallino Rampante. Che ci sia dietro un simile disegno machiavellico?