Nonostante Ecclestone continui a dire che è tutto tranquillo e che il Gran Premio del Bahrain si svolgerà normalmente, l’atmosfera che c’è intorno agli addetti ai lavori è tutt’altro che serena.
Ieri, come vi abbiamo già raccontato, alcuni meccanici della Force India se la sono vista brutta, raggiunti da una molotov che per miracolo li ha lasciati illesi, anche se un loro collega che non era stato coinvolto, appena saputa la notizia, per paura ha ottenuto di poter rientrare in Gran Bretana in anticipo. Purtroppo, ascoltando le voci provenienti dal Paese in rivolta da più di un anno, questo sembra non dover essere l’unico episodio del prossimo weekend.
MALCONTENTO DILAGANTE – Il rischio ora è che gli aspetti sportivi passino in secondo piano e si parli di più delle manifestazioni di protesta che si stanno svolgendo tutte intorno alla zona protetta della Formula Uno, e che potrebbe essere presto violata. Il problema nasce dall’insofferenza di un popolo a maggioranza sciita che non vuole essere più governato da un monarca sunnita. Le lamentele non sono soltanto legate a motivi religiosi, ma anche ai diritti umani violati visto che la monarchia in quel Paese è molto repressiva.
Già lo scorso anno il Gran Premio fu cancellato perché la protesta, parte della famosa Primavera Araba, era appena scoppiata ed era anche più calda di oggi. Ma quest’anno i vertici della Fia hanno atteso fino all’ultimo momento, ed alla fine hanno deciso che c’erano le condizioni per correre. Ma questa scelta è stata vissuta dalla popolazione come un affronto, e non ha avuto altro effetto di far arrabbiare ancora di più della gente in rivolta. Tanto da portare i rivoltosi ad annunciare tre giorni d’Inferno per gli addetti ai lavori della Formula Uno.
Di conseguenza gli incidenti tutti intorno alle residenze dei meccanici e dei piloti si sono fatti sempre più comuni, con la polizia che è mobilitata principalmente per difendere il “giocattolo” che ha portato le telecamere di tutto il mondo in quell’area. Approfittando della situazione i rivoltosi fanno di tutto per portare l’attenzione del mondo sulla situazione critica del Paese e su quella di Abdulhadi Al-Khawaja, uno dei capi della protesta che è stato condannato per questo all’ergastolo ed ora è in fin di vita per uno sciopero della fame iniziato da due mesi. Speriamo che gli episodi di cronaca non prendano il sopravvento su quelli sportivi.
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