La lotta alla C02, alle polveri sottili e a quant’altro di nefasto venga prodotto dal traffico automobilistico non passa solo per la costosa auto elettrica, ma anche e soprattutto per la riduzione del peso. Venti anni fa iniziò la corsa alla sicurezza passiva con dispositivi che hanno salvato milioni di vite; airbag, abs ma soprattutto scocche più resistenti e inevitabilmente più pesanti. Se una Fiat Uno del 1990 pesava all’incirca 750 chili, una Grande Punto del 2011 arriva a superare la tonnellata. Ma l’ingrasso a cui sono sottoposte le vetture moderne non è imputabile soltanto alle sacrosante esigenze di sicurezza passiva. Anche le soluzioni ecologiche più diffusamente adottate gravano con tutto il loro peso sulle nostre autovetture, aumentando di conseguenza i grammi di anidride carbonica prodotta per chilometro. Il pacco batterie della Toyota Prius pesa 40 chili che salgono a 160 nella versione “plug-in”; un comune impianto gpl pesa almeno 60 chili sommando tutte le sue componenti, che possono raddoppiare nel caso di un impianto a metano.
Una soluzione a questo stato di cose è proposta dalla Trexel, un’industria americana che, ispirandosi alle note barrette di cioccolato, è riuscita a ridurre del 20% il peso del materiale plastico grazie a una semplice tecnologia chiamata MuCell. In verità non è nuovissima, risale a più di dieci anni fa ed è stata sviluppata dal prestigioso Mit, il Massachussets Institute of Technology, ma solo ora le case automobilistiche sembrano essersi accorte del suo enorme potenziale.
L’idea è semplice, durante lo stampo delle parti in plastica vengono miscelate delle bollicine di gas di azoto. La resistenza delle parti interessate non sembra risentirne e i vantaggi derivanti sono molteplici. Non solo meno peso, ma anche meno plastica prodotta e di conseguenza meno rifiuti al momento della rottamazione del veicolo. L’alternativa per ridurre il peso, fino a oggi, è stata l’adozione di materiali costosissimi, come alluminio o fibre di carbonio, lusso a esclusivo appannaggio di ammiraglie e supercar.
Il primo ad aver adocchiato questa tecnologia è stato il gruppo Ford che l’ha usata per il 4 cilindri 1600 ecoboost e ora spera di poter diffondere su larga scala questo procedimento entro il 2020. L’obiettivo che spera di raggiungere è una riduzione di peso che va dai 100 ai 300 chili; si tratta di un traguardo importante che permetterebbe di compensare la costante crescita di peso a cui ci siamo abituati da qualche generazione di prodotto a questa parte.