Lexus LFA, il primo esemplare della supercar è uscito dalla linea di montaggio

La linea di montaggio della nuova Lexus LFA (molto più artigianale delle restanti automobili comuni della gamma) si è animata lo scorso 15 dicembre e solo ieri, dopo oltre un mese di lavorazione all’interno dello stabilimento di Motomachi, in Giappone, il primo esemplare della supercar nipponica del brand nobile di Toyota è stata ultimata dalle maestranze: nell’immagine, come si noterà, chiunque abbia collaborato alla produzione della prima unità di Lexus LFA, di rosso vestita, è lì, accanto al frutto del proprio sudore.

La nuova Lexus LFA è la più recente automobile sviluppata dal costruttore orientale e l’unica supercar, attualmente, nel portafoglio di modelli proposti al mercato dal brand: pensata per essere una valida alternativa alle sportive italiane (Ferrari, Maserati, Lamborghini), britanniche (Aston Martin, Bentley), tedesche (Porsche, Mercedes, Audi), la nuova LFA è un progetto artigianale fatto al 65% di fibra di carbonio, che ha coinvolto all’incirca centosettanta persone nella realizzazione. Sono 15.000 i componenti che fanno la sportiva giapponese: un incremento di tremila unità rispetto ad una tradizionale automobile Lexus.

Durante l’assemblaggio di ogni Lexus LFA, la casa automobilistica stilerà un documento di trecento pagine, cioè una registrazione di tutto ciò che sarà fatto alla vettura: verrà custodito un resoconto complessivo lungo 3.500 pagine (per ciascuna LFA costruita verrà descritto ogni singolo momento di vita all’interno dell’impianto, non soltanto l’assemblaggio), che sarà utilizzato nel caso di difettosità. La nuova Lexus LFA è equipaggiata con un propulsore V10 4,8 litri benzina, in grado di erogare 560 cavalli di potenza: la produzione, prevista inizialmente di cinquecento esemplari, è già stata tutta commercializzata.

La fastback sportiva giapponese, tuttavia, non è soltanto bei tecnicismi: la nuova Lexus LFA, infatti, è costata la vita ad un collaudatore tra i più importanti per il colosso Toyota, Hiromu Naruse, nei pressi dello storico circuito del Nurburgring: l’alone si fa, per un attimo, meno dorato.

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