Fiat – Marchionne: nuovo patto (2010-2014) e spin off, i dettagli

Lingotto padrone della scena delle utime – e delle prossime – ore. Dopo l’addio di Luca Cordero di Montezemolo, che ha lasciato la presidenza a John Elkann, Sergio Marchionne conquista la scena e alimenta ulteriormente le curiosità e l’interesse attorno all’universo Fiat. Spin off, strategie di produzione, modelli futuri. Nulla è stato lasciato al caso: l’attesa rispetto agli scenari immediatamente futuri del gruppo automobilistico che è leader indiscusso del panorama nazionale è stata accantonata.

Il panorama illustrato dall’Amministratore delegato del Lingotto garantisce già voli pindarici: 34 nuovi modelli nei prossimi 5 anni da lanciare nel mercato europeo, 17 restyling realizzati per i due terzi da Fiat e per il restante terzo da Chrysler. A conti fatti, una produzione di sei milioni di vetture entro il 2014. I numeri italiani: 170 mila auto annuali in produzione a Mirafiori, 250 mila a Pomigliano d’Arco per un totale di oltre un milione e mezzo di vetture realizzate nei sette stabilimenti italiani nei prossimi 4 anni per un investimento complessivo di 26 miliardi di euro. E’ lo stesso Marchionne a illustrarne i dettagli, premettendo che il processo di sviluppo non è altro che il frutto di un adeguamento voluto da mercato:

“Il minimo richiesto per essere un global player competitivo. Tra gli elementi necessari affinchè il piano tragga compimento vi è quello della flessibilità. Dobbiamo ridefinire accordi a livello sindacale che non sono più adeguati. Ne vale la pena perchè sono occasioni che capitano una volta sola nella vita“.

Basta così? Manco per idea: a quanto detto va ad aggiungersi la notiziola dello spin off, ovvero lo scorporo delle attività auto di Fiat. Tempo sei mesi, dice Marchionne:

“Inizierà una nuova storia della Fiat, con due aziende dotate di massima autonomia per svilupparsi”.

La nuova società, Fiat Industrial, sarà quotata in Borsa entro la conclusione del 2010: a ciascuna la propria autonomia con sinergie inevitabili rispetto ad acquisti e fornitori. Qualcuno lo ha chiamato New Deal, per altri è l’anno zero. Di certo, per l’azienda torinese, è una vera e propria rivoluzione.

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