Di questi tempi è una di quelle notizie che ci si può aspettare un po’ da tutte le grandi aziende, ma la realtà è che fa davvero specie riportare la drammatica novità quotidiana relativa al settore dell’automobilismo: General Motors ha dichiarato la bancarotta al tribunale di New York. Ora, il da farsi: immediata la reazione di sindacati e lavoratori, che hanno subito avviato il percorso e tracciato la strada per una immediata ristrutturazione scorrevole.
Ovviamente, previsto l’intervento governativo sul presupposto che General Motors debba tornare a redditizia e stabilizzarsi su un numero di vetture da sfornare annualmente pari a 10 milioni di auto, la quasi totalità delle quali garantite al mercato a stelle e strisce.
Non solo: il sindacato Uaw ha optato per il percorso delle concessioni e i creditori hanno in seguito a ciò accettato la copertura del debito della bellezza di 27 miliardi di dollari. Per loro, la contropartita è quella del dieci per cento della compagnia con la possibilità, assolutamente realistica, di poter accrescere questo spicchio di un ulteriore cinque per cento e portarlo al 15% complessivo. In termini concreti, ecco le conseguenze della bancarotta: General Motors si avvia alla graduale chiusura di undici stabilimenti e allo stop tecnico – che potrebbe durare un mese o all’infinito – di altri tre impianti. L’intervento diretto dello Stato, che andrà ad acquisire il pacchetto maggioritario del gruppo pari al sessanta per cento, è di oltre trenta miliardi di dollari stanziati dal Tesoro. Ciò, tuttavia, riguarderà un periodo di tempo breve e limitato: non c’è infatti da parte del governo l’intenzione di mantenere la propria quota per molto tempo nè quella di occupare sedie e poltrone all’interno della società e del suo Consiglio di Amministrazione. Oltre a quello degli Stati Uniti, si è reso fortemente disponibile anche il governo canadese, pronto a stanziare oltre 9 miliardi di dollari che corrispondono ad un pacchetto equivalente al 12% delle quote di General Motors.
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